Questo è un inatteso ed umanissimo scritto
che mi è arrivato il giorno del mio 78° compleanno dopo oltre 40 anni
che Bruno aveva lasciato la Scuola Media degli "Artigianelli" nel quartiere ”autentico“ e
popolare di San Frediano, dove allora, regnava una dignitosa povertà,
ma anche una meravigliosa dignità ed un orgoglio di appartenenza al Quartiere.
Dopo la licenza media avevo perso le tracce di Bruno.
Erano gli inizi degli anni ‘60 appena;
ancora studente dell’Isef di Firenze, per pagarmi gli studi,
insegnavo EDUCAZIONE FISICA IN DUE SCUOLE DIAMETRALMENTE OPPOSTE PER CENSO SOCIALE:
L’ISTITUTO “ARTIGIANELLI” IN OLTRARNO NEL "FIORENTINISSIMO" QUARTIERE DI SAN FREDIANO,
reso immortale col Romanzo di Vasco Pratolini intitolato appunto: “LE RAGAZZE DI SAN FREDIANO”,
da cui nel 1954 è nato il Film di Zurlini e alla fine degli anni ‘90 una “Fiction” televisiva.
L’altra scuola si chiamava “Scuola Svizzera”,
frequentata dai figli della opulenta colonia svizzera a Firenze, fatta DI BANCHIERI,
ALBERGATORI Di LUSSO ED ALTA FINANZA.
Ebbene, in ripetute occasioni i ragazzi del popolo di San Frediano,
si confrontarono in memorabili partite di Pallavolo e di Calcio
con i giovani e ricchissimi svizzeri, un po’ scioccati all'inizio,
poi ammirati per la disinvoltura, la dignità e
l'orgoglio dei ragazzi degli Artigianelli, cresciuti in strada.
Alcuni dei ragazzi della piccolissima scuola di San Frediano,
sono divenuti delle personalità importanti, come Giovanni:
doppiamente laureato e ex Vice-Sindaco di Firenze.
Giuseppe: funzionario alla Telecom oggi giĆ in pensione.
Stefano: oltre 100 volte nazionale di Tennis da Tavolo(Ping - Pong) e
Presidente di lungo corso, della Federazione stessa, anch'egli laureato in Scienze Motorie.
“Chi non ha memoria non ha il senso dell'esistenza...... ” e
la lettera giuntami il giorno del mio compleanno da parte di Bruno,
mi ha “scaldato il cuore” e suscitato commozione e un po' di “LUCCICONI”(lacrime),
come ancora SI USA DIRE NEL QUARTIERE DI SAN FREDIANO................
Paolo Coccheri - Firenze,
esattamente da San Frediano dove da due anni risiedo circondato da tanti affetti degli abitanti,
del “mio Quartiere”.
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Tanti auguri per il tuo compleanno!
Conservo il tuo numero del cellulare, spero che ci potremo incontrare presto.
Un mio ricordo di ragazzo:
Appuntamento all’Artigianelli e su via verso Porta Romana.
Per me l’avvenimento aveva tutto il gusto dell’avventura, del viaggio, dell’amicizia.
Svoltato l’angolo, via Ugo Foscolo si inerpicava dritta e per noi era già divertimento.
No so dove tu trovassi tutta l’energia e la simpatia che ti faceva tener così legato il gruppo.
Una battuta dopo l’altra e via si camminava.
La prima curva in cima alla via Ugo Foscolo era il limite della città
che ci stavamo lasciando alle spalle e sulla lapide era stata aggiunta una S al nome della strada.
Porta Romana non sarebbe più stata visibile fino al nostro ritorno.
Davanti a noi il pomeriggio con i suoi profumi con i suoi colori.
La primavera ci faceva sembrare tutto più magico.
Si cantavano le canzoni di Marasco. Ci raccontavi di personaggi,
veri e immaginari, del popolino fiorentino. Poi partivano le prese di giro, mai cattive,
che a turno toccavano tutti per la gioia del gruppo. Accidenti Paolo,
quando siamo ragazzi non si riesce a dare voce ai sentimenti ma credo che tu sentissi forte e
chiaro quanto fossero importanti per noi quei momenti.
La passeggiata non era breve, per fortuna.
Io sentivo che Marignolle non sarebbe stata la meta,
come non lo sarebbero state in futuro nè New York o Bohorok,
Calcutta o le Montagne Imalaiane.
Quel camminare mi dava un senso di libertà e
poterlo fare con tutti voi era una cosa impagabile.
Nella piazzetta della chiesa di Marignolle ci saremmo riuniti con i ragazzi
che a Marignolle ci vivevano.
C’era un negozietto di alimentari che ci preparava i panini per la merenda.
Al centro della piazza c’era un pozzo in pietra
che a me stava antipatico perchè era la boa intorno alla quale avremmo girato
per tornare verso casa.
Capitava che si facessero anche progetti per una nuova sfida di pallavolo
con i ragazzi della "Scuola Svizzera",
che avevamo battuto in memorabili partite di Pallavolo e al Calcio.
Paolo, tutto questo ci faceva sentire orgogliosi di poter essere, in qualcosa,
addirittura migliori dei ricchissimi rampolli della società che contava.
Ci insegnavi ad apprezzare le capacità reali che aveva ognuno di noi,
e a ridere delle nostre "carenze".
Poi il pomeriggio volgeva al termine.
Con leggerezza avevamo comunque frequentato una lezione di scuola.
Avevamo imparato i nomi di personaggi della mitologia come:
“Il Palazzi”, che accendeva i sigari ai lampioni a gas,
o il “Geggi” che annunciava alla moglie il suo arrivo a casa con un sonoro ruttone.
Avevamo imparato a godere di ciò che avevamo intorno e a pochi passi dalle aule,
e in noi stessi. Una lezione, forse un po’ fuori dagli schemi ma che all’indomani,
durante la lezione con la Noris(insegnate d’Italiano), l
eggendo il “Muro dei gelsomini” (di Giovanni Papini ndr.) noi avremmo saputo apprezzare quello;
quanto fosse alto e per quanto fiancheggiasse la via delle Campora.
Quelle pagine non avrebbero avuto bisogno di una spiegazione.
Noi, il profumo dei gelsomini lo avevamo sentito davvero.